“La vita, diciamo la verità, è proprio infame. Da bambino, ricordi tutto, ma non hai niente da ricordare. Da vecchio, non ricordi nulla, ma avresti fiumi di cose da far accomodare sul tavolino della nostalgia. Ti si spappola tra le dita, come la brioche secca di tre giorni fa, la memoria dei momenti altisonanti. Tutto si fa consuetudine inerte. Quando il vecchio piange, non ricorda più perché piange. Quando il bambino piange, è perché desidera momenti altisonanti che non ricorderà. La vita è un’invenzione un po’ del cazzo. Ci hanno buttato laggiù, per farci interagire. Per farci scoppiettare il cuore a contatto con tizio, caio e il tramonto e poi, puf, tutto sfuma negli ingorghi della dimenticanza. Allora ci si inventa le peggio cose per raccontarsela diversamente. Si chiama allenamento alla disperazione.
L’attitudine del miserabile: nobilitare il residuo, tramandare l’intramandabile. L’umanità, dunque, è miserabile. Non si discute su questo. Eppure, non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita. Tutte le emozioni della vita non hanno senso. Si addizionano tra loro, incongrue, per accumulo. Compongono la vita, come una lista della spesa. E questo, infine, è il senso”.