OCCUPAZIONE… AAA cercasi un milione di professionisti del digitale.
Entro il 2020 mancherà all’appello un milione di professionisti digitali.
I più ricercati sono il security specialist, l’enterprise architect, il business analyst ‘ allarme è stato lanciato: di fronte alla rivoluzione digitale non avremo persone e competenze disponibili. E’ questa la sfida dei prossimi cinque anni. Secondo gli ultimi dati della Commissione europea presentati nella Digital Assembly di Riga, si stima che entro il 2020 ci saranno almeno 825mi1a posti qualificati vacanti nel settore. II gap, secondo alcuni sotto-stimato, è dovuto alla crescita di professionisti It del 3% l’anno, mentre i laureati in informatica sono calati del 13% tra il 2006 e il 2013. La fame di competenze digitali è altissima, i tempi sono urgenti, anche se sarà difficile soddisfarla, dal momento che altre stime parlano di una mancanza di competenze di due milioni di professionisti in Europa entro i prossimi cinque anni.
II vuoto va colmato da subito. L’ultimo Osservatorio delle competenze digitali, condotto dalle principali associazioni Ict (Alca, Assinform, Assintel e Assinter Italia, promosso dall’Agenzia per l’Italia digitale e realizzato da NetConsultingcube) parla chiaro. Lo sviluppo di una cultura digitale è strategico ed è un bisogno prioritario a cui occorre rispondere stimolando gli interventi a quattro livelli principali: i cittadini (educazione digitale diffusa), la Pa e le istituzioni (e-government e dematerializzazione), le imprese (innovazione e competitività) e il mondo della scuola (favorire la cultura digitale in ogni indirizzo scolastico). Si sottolinea la necessità di una condivisione strategica degli obiettivi comuni. Fra le indicazioni operative si ricorda, ad esempio, il bisogno di accelerare la definizione di una rinnovata normativa per gli Its, realizzare una piattaforma nazionale dei contenuti didattici digitali, introdurre innovativi percorsi di formazione accademici, promuovere attività di tutoraggio extra curricolari, sopportare un maggiore rapporto fra il mondo dell’istruzione e i bisogni del mercato del lavoro. Tutto creando le condizioni per un ecosistema collaborativo delle competenze.
Rapporto Il Rapporto rileva che in Italia “c’è uno scarso livello di copertura delle competenze Ict, misurato come simultanea presenza di tutte le componenti necessarie: il livello varia dal 73% delle aziende Ict al 67% delle società in house di regioni e province autonome, al 48% delle aziende utenti, per poi scendere al 41% nella Pa centrale e al 37% nella Pa locale”. Mentre sull’osmosi scuola-lavoro, lo studio rileva che il 60% delle aziende e degli enti ha rapporti continuativi con il mondo accademico, finalizzati prevalentemente ad assorbire risorse già formate per attività di stage o tesi di laurea sperimentali; poche sono le realtà che partecipano ai comitati di indirizzo dei corsi di studio. I rapporti con gli istituti tecnici sono scarsi: solo il 27,3% delle aziende Iet e il 22% di aziende utenti ed enti pubblici li dichiarano.
I profili più ricercati nelle aziende Iet sono il Security specialist, l’Enterprise architect, il Business analyst. Nelle aziende utenti e nella Pa sono il Ceo, il Security manager, il Database administrator e il Digital media specialist, l’Enterprise architect, il Business information manager, l’Ict consultant e il Business analyst.
Le lauree più accreditate sono informatica/scienza dell’informazione, insieme ad altri indirizzi di ingegneria.
Sono le lauree che secondo la domanda rispondono meglio alle diverse sfide che la rivoluzione digitale comporta.
Fonte: NetConsulting