Dai confini dell’UE usciranno il più grande e influente mercato pubblicitario e la sua Capitale, Londra, sede di molte delle società del settore, specie nell’online.
La Brexit, dunque, ha vinto: la Commissione elettorale della Gran Bretagna ha confermato stamattina la vittoria dei “Leave”, ossia dei voti favorevoli all’uscita dall’Unione Europea. Secondo la BBC, il “Leave” ha ottenuto il 51,9% dei voti e il “Remain” il 48,1%.
Le conseguenze della decisione del popolo britannico sono al momento difficilmente prevedibili, ma toccano da vicino anche il mondo dell’advertising. Dai confini dell’UE esce, infatti, quello che è di gran lunga il più grande e influente mercato pubblicitario continentale e alla stesso tempo la sua capitale Londra, città dove hanno sede molte delle società più importanti del settore a partire dal colosso WPP, la multinazionale britannica di pubblicità, ricerche e pubbliche relazioni, la maggiore del mondo e con grande presenza in Europa.
“Sono molto dispiaciuto per questa decisione, creerà tremenda incertezza, rallenterà l’attività economica e decisionale, ma l’elettorato ha parlato”, ha commentato a caldo Martin Sorrell, amministratore delegato di Wpp. “Ci focalizzeremo sui top quattro mercati dell’Europa continentale occidentale, faremo lavorare la nostra gente insieme, non in isolamento”.
Brexit: quanto costerà al mercato
Al netto della brutta giornata sui mercati finanziari delle gradi multinazionali dell’adv, che come prevedibile accusano il colpo, è davvero difficile immaginare quali scenari si aprano a questo punto per il mercato pubblicitario. I più preoccupati per le conseguenze che l’incertezza per l’impatto finanziario dell’uscita dall’UE avrà sugli investimenti adv sono ovviamente i britannici: se secondo un recente studio di Zenith, la Brexit potrebbe costare al Regno Unito un miliardo di sterline entro il 2030. Secondo GroupM invece, già quest’anno tv e giornali subiranno di più 200 milioni di sterline di riduzione in spesa pubblicitaria. La media holding di WPP ha tagliato le stime di crescita della pubblicità tv da 7,1% in novembre a solo 2,6% per il 2016. Per i quotidiani nazionali era prevista un decremento del 6%, ora a quota -12%. L’agenzia Moody’s, intanto, preannuncia “un prolungato periodo di incertezza che peserà su risultati economici e finanziari Uk”.
Molto più difficili da prevedere sono invece le conseguenze sul mercato italiano. Il Ceo di Zenith Italia, Luca Cavalli parla di «eventuali impatti diluiti» (qui l’intervista) e in generale tutti gli analisti nei giorni precedenti al voto in UK concordavano nel descrivere come “limitate” le ripercussioni della Brexit sull’economia nel medio termine. Nonostante questo, una certa ripercussione sull’economia italiana è verosimile. Confindustria ha rimandato a data da destinarsi la diffusione delle sue nuove previsioni economiche di Confindustria causa Brexit, perché i nuovi scenari su PIL e conti pubblici per il 2016-2018, realizzati dal Centro Studi, non includevano “il materializzarsi dei rischi” collegati all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Unicredit, invece, già adesso previsto un taglio della stima di crescita del Pil italiano del 2017 da +1,2% a 0,2-0,7%.
In questo quadro, a pesare sul mercato pubblicitario più che le stime sul PIL potrebbe essere quella parola, «incertezza», che si accompagna all’ingresso in un territorio inesplorato come quello aperto dalla Brexit. Proprio ora che la stabilità del quadro economico aveva favorito il ritorno a una certa serenità da parte degli investitori, e che aveva portato l’UPA solo qualche settimana fa a prevedere una chiusura d’anno «oltre il +3%» per il mercato adv.
Online adv, si sposta il baricentro europeo?
Il tutto vale ancora di più per l’online. Non solo perché, a maggior ragione, quello britannico è il mercato pubblicitario più grande e di gran lunga il più evoluto del continente quando si parla di pubblicità online, ma anche per il grande numero di società di servizi pubblicitari, specie nel campo dell’ad tech, che hanno sede in Italia ma che sono fondamentalmente eterodirette da Londra.
Il pericolo principale riguarda le aziende che potrebbero decidere di lasciare il Regno Unito, le cui frontiere ora sono a rischio dazi. Sono tutte ipotesi, poiché i nuovi accordi non sono ancora stati negoziati ma è plausibile credere che Londra ceda a Berlino o Parigi lo scettro di hub della neo-imprenditoria pubblicitaria europea.
«Non è una cosa banale, credo sarà necessario organizzarsi per avere un presidio forte nell’Europa continentale, anche solo per le maggiori difficoltà logistiche che comporterà viaggiare spesso a Londra – ci ha detto un noto manager del settore ad-tech a capo dell’organizzazione nel nostro Paese -. Anche i pagamenti in Sterline potrebbero rappresentare un problema, vista la prevedibile svalutazione della moneta, per fortuna ormai la maggior parte dei clienti paga in dollari o in Euro». Mentre sul mercato «non credo ci saranno particolari ripercussioni da noi, mentre vedo più rischi per il mercato Uk».
Ci vorranno, comunque, mesi per comprendere come evolverà la situazione. Il Consiglio europeo e Londra impiegheranno almeno 2-3 anni per rinegoziare gli accordi tra Ue e Regno Unito. Il trattato sul funzionamento dell’Unione prevede una procedura complessa, fatta di contrattazioni e riunioni i cui ritmi saranno dettati dalla Commissione europea. E in tutto questo ci sarà anche il Parlamento inglese di mezzo, visto che il referendum sulla Brexit non ha valore legale ma solo consultivo.
Tutto questo, ovviamente, senza considerare il pericolo che l’intera Ue si disintegri sotto i colpi della Brexit e dell’effetto domino. Anche in questo caso è, ovviamente, del tutto prematuro fare previsioni.