Così lo Startup Act, in lavorazione negli States, e le leggi italiane su startup e pmi innovative provano ad aiutare le nuove imprese e attrarre talenti nell’industria tech.
Negli Stati Uniti la prima proposta di legge per le startup innovative è datata 2011. Fu presentata dal senatore repubblicano del Kansas Jerry Moran e conteneva una serie di politiche a favore delle imprese nell’industria tecnologica. Non approvato, l’America Startup Act fu ripresentato l’anno seguente e poi ancora nel febbraio 2013, in una versione 3.0. Da gennaio 2015 la proposta di legge è tornata in Senato, in una quarta versione. Quali sono i punti chiave di questa disciplina e quali le similitudini con la policy italiana a sostegno delle startup?
DEROGHE ALLA DISCIPLINA DEI VISTI: IL PILASTRO DELL’AMERICA STARTUP ACT
Il punto chiave dello Startup Act è la modifica all’Immigration and Nationality Act. La partita della Silicon Valley si gioca infatti sulla facilità di ingresso nel Paese di studenti, ricercatori e lavoratori provenienti dall’estero. Per questo la proposta di legge vuole garantire lo status di residente permanente a 50 mila stranieri con un master o dottorato in discipline scientifiche (il cosiddetto ambito STEM, cioè science, technology, engineering e mathematics), consentendo loro di restare nel Paese fino a un anno dopo la scadenza del visto da studente e a tempo indeterminato finché sono occupati nell’industria tech (il limite settoriale cade dopo cinque anni).
Le agevolazioni sui visti riguarderebbero anche gli imprenditori stranieri: per loro lo Startup Act autorizza fino a 75 mila nuovi permessi. Per quanto riguarda le quote-Paese, saltano i limiti per i visti di lavoro e aumenta dal 7% al 15% il numero di visti per motivi di famiglia.
Anche in Italia abbiamo uno Startup Visa. Il visto di lavoro per i cittadini extra-Ue che vogliono venire in Italia per fondare un’azienda innovativa è stato lanciato dal Ministero dello Sviluppo economico nel giugno del 2014, e consiste in una procedura online e facilitata (in 30 giorni arriva il nulla osta da portare in Ambasciata) per un permesso di un anno. Sullo stesso modello è stato avviato il programma Italia Startup Hub, che estende il permesso di soggiorno agli stranieri già in Italia al momento della richiesta e che vogliono restare nel Paese per fondare una startup innovativa. Ad oggi il Mise ha processato 23 richieste, di queste 14 hanno avuto esito positivo.
IL LEGAME CON IL MONDO DELL’UNIVERSITA’
Negli Stati Uniti il confine tra studio e lavoro non è marcato come invece è sempre stato da noi. Non a caso lo Startup Act punta a toccare da vicino anche il mondo delle università, prevedendo l’utilizzo di fondi federali per finanziare gli atenei che promuovono il trasferimento tecnologico.
Aumentare la comunicazione tra mondo accademico e di impresa è anche tra gli obiettivi della legge italiana sulle startup innovative. Per questo tra le misure di agevolazione c’è il credito d’imposta per l’assunzione di personale altamente qualificato (valido anche per gli incubatori). Nella Legge di Stabilità 2015 si prevede credito d’imposta fino al 50% per investimenti in ricerca e sviluppo relativi a ricerche in collaborazione con università. Anche il Patent Box, potenziato dall’Investment Compact, risponde a questa logica e consente di escludere dalla tassazione il 50% del reddito legato allo sfruttamento commerciale della proprietà intellettuale (marchi e brevetti, solitamente prodotti in ambito universitario).
AGEVOLAZIONI FISCALI E POLICY DI SOSTEGNO
Il terzo punto chiave dell’America Startup Act riguarda modifiche all’Internal Revenue Code, cioè la disciplina fiscale. Garantisce l’esonero dal pagamento delle tasse sui proventi dalla vendita di azioni di startup detenute per oltre cinque anni; modifica la legge fiscale per abrogare la preferenza per la “minimun tax” e la tassa del 28% sui capital gain; fornisce un credito d’imposta limitato per l’avvio di piccole imprese in alcuni settori.
Ma soprattutto la proposta americana si preoccupa di tutelare le startup anche dai provvedimenti emanati da agenzie federali o indipendenti. Per questo richiede che soggetti con potere regolatorio effettuino una analisi costi benefici prima di approvare un testo e che il capo del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d’America tenga un elenco delle leggi che interessano la nascita e lo sviluppo di startup.
Anche da noi le startup innovative godono di una serie di agevolazioni fiscali e di semplificazione normativa, previste dal Dl Crescita 2.0 e dall’Investment Compact, che ha esteso molti di tali benefici alle piccole e medie imprese con alcuni requisiti specifici (“pmi innovative”). Tra questi vale la pena di ricordare l’accesso gratuito e semplificato al Fondo di garanzia per le pmi, su cui il Ministero dello Sviluppo economico ha da poco rilasciato dati aggiornati: al 18 marzo 2015 – la prima operazione garantita è del settembre 2013 – sono stati concessi 424 finanziamenti a 324 tra startup e incubatori, per un totale di 152,7 milioni di euro.
JUMPSTART OUR BUSINESS STARTUPS ACT
Negli Stati Uniti dal 2012 è in vigore è il JOBS Act, o Jumpstart Our Business Startups Act, con alcune parti ancora in fase di attuazione. Come nel caso della disciplina italiana, la legge prevede alcune deroghe e incentivi per favorire la nascita e il finanziamento di nuove iniziative imprenditoriali.
Fonte: Wired